Controllo qualità: dal prodotto alle persone
In Basis Plant Services, alla Business Unit ispettiva, ci occupiamo di controllo qualità. Controllo qualità di manufatti, di documenti, di processi. Il nostro motto è una famosa frase di Henry Ford, “Qualità significa fare le cose bene quando nessuno ti sta guardando”. Oltre agli svariati servizi che offriamo ai nostri clienti, la nostra azienda ha ovviamente un sistema per la gestione della qualità, volto al miglioramento continuo, attraverso la riduzione delle cause che generano le cosiddette non conformità. Estremizzando il ragionamento si potrebbe dire che, una volta corretti tutti i difetti, otterremo la perfezione.
Quando si parla di manufatti, documenti, processi, l’ultima frase può anche risuonare bene: ma possiamo dire altrettanto quando si parla di dipendenti, collaboratori e quindi di persone? È davvero vantaggioso cercare di limare, se non addirittura eliminare, le carenze che chiunque ha, oppure è meglio puntare sui talenti di ognuno, al netto delle mancanze? Non ho una risposta a tutto questo, ma traslare il concetto di controllo qualità dalle cose alle persone mi suscita quantomeno delle riflessioni. Siamo tutti naturalmente portati a cercare di nascondere le nostre crepe, le nostre imperfezioni, le nostre lacune, e siamo altrettanto portati a spingere gli altri a fare altrettanto, anzi spesso ci sentiamo in grado e in dovere di dare consigli agli altri per migliorare le loro zone imperfette, per eliminare le loro non conformità. Siamo perennemente spinti dalla ricerca della perfezione, con il rischio che essa possa allontanarci dalla nostra identità.
Domandiamoci: “È meglio avere dei collaboratori omologati, affini a modelli stereotipati, o persone, singoli individui pensanti, la cui identità è spesso raccontata sia dalle carenze che dai talenti”? Nessuno è perfetto, quindi, più che nascondere le proprie carenze, e utilizzarle spesso come alibi, forse sarebbe meglio accettare la bellezza e le potenzialità della propria imperfezione. Nel mondo del lavoro e quindi dei manufatti e dei processi, riducendo al minimo gli errori, si ottengono risultati sempre migliori, in linea con standard qualitativi predefiniti. Ma il mondo del lavoro, oltre che di manufatti, processi, servizi è fatto soprattutto da persone e se si vuole che anche queste rispondano a standard qualitativi predefiniti, ci perdiamo l’opportunità dell’eccellenza. Con le persone, si possono sì correggere le carenze, ma più importante è liberarne e potenziarne i talenti. Il capo perfetto, così come il collaboratore perfetto, non esiste. Si tratta sempre di una relazione, la cui qualità dipende anche da noi. Le responsabilità non sono sempre e solo degli altri. Cerchiamo invece di stimolare la crescita sia dei nostri capi che dei nostri collaboratori, non solamente aiutandoli a ridurre le proprie lacune, ma aiutandoli ad esprimere il loro talento. Spesso cerchiamo fuori dalle nostre organizzazioni i salvatori della patria, i talenti, i veri “bomber”. È corretto guardarsi intorno per cercare di attirare il meglio, ma è altrettanto corretto e doveroso concentrarsi sui talenti esprimibili dalle risorse che già abbiamo. Continuiamo quindi a cercare persone di talento, ma non dimentichiamoci di cercare il talento nelle persone.
In sintesi, quando dobbiamo controllare la qualità di un prodotto, è doveroso applicare tutti i controlli e fare tutte le azioni volte al miglioramento continuo, possiamo anche dire volte alla perfezione del prodotto. Quando trasliamo il concetto di controllo qualità alle persone però, domandiamoci almeno se applicare la stessa strategia sia una mossa vincente, o controproducente.