Smart Glasses & New Tools
Le attività di cantiere richiedono sempre più personale qualificato, multi-skill e ben addestrato nella sicurezza sul lavoro.
Per far sì che il tecnico di cantiere sia preparato al meglio, da alcuni anni, le grandi compagnie stanno investendo su dispositivi elettronici, che hanno infatti preso diversi “prefissi”, quali e-, Smart e Cyber.
Uno dei primi sistemi sviluppati per l’assistenza in remoto del personale in campo è stato lo Smart Helmet. Si tratta di una versione di tipo industriale dei famosi Google Glass Explorer. Infatti, le normative nell’Oil&Gas sono molto stringenti (vedi Normativa ATEX) e richiedono che tutti i dispositivi utilizzati in Zone con presenza di gas siano testati ed approvati da Laboratori di Certificazione autorizzati.
Si tratta di caschi a cui sono state aggiunte cuffie con connessione bluetooth per comunicare con gli esperti in sede. Vantano inoltre una telecamera e uno o due visori utilizzati per la parte video del collegamento.
Tuttavia, una seconda telecamera da brandeggiare a mano può essere utile per inquadrare particolari difficilmente registrabili da quella montata sul casco.
I dispositivi devono comunicare con la sede tramite un collegamento WiFi, se disponibile, o tramite un router GSM. In alcuni posti particolarmente isolati, può essere richiesto un modem portatile per il collegamento satellitare.
Il tecnico di cantiere può quindi svolgere le varie attività supportato dai tecnici in sede. Le attività possono andare dal sopralluogo per esaminare un macchinario da aggiornare o sostituire, alle attività di installazione, oppure dagli interventi di emergenza alle ispezioni di tipo Health & Safety.
È anche possibile ottimizzare l’impiego in cantiere del personale, evitando viaggi di esperti per attività di poche ore: l’esperto può infatti guidare il personale già in campo, non specializzato in certe attività che invece sono richieste durante quella specifica emergenza. Queste potranno essere svolte in sicurezza e senza tempi morti (tempo necessario all’esperto di raggiungere l’impianto). Rimanendo in sede, l’esperto, grazie a questa tecnologia, può supportare più cantieri contemporaneamente.
L’utilizzo dello Smart Helmet ha avuto diversi ostacoli, primo tra tutti il suo trasporto o la sua spedizione nei vari paesi. Molti di questi hanno normative e restrizioni che ne impediscono l’utilizzo. Alcune società petrolifere hanno preferito evitare di impiegare lo Smart Helmet in cantiere perché il personale (specie nel Medio Oriente) non gradisce la presenza di telecamere nel luogo di lavoro. Altre società, invece, non vogliono che siano ripresi parti d’impianto per motivi di sicurezza o per problemi di “concorrenza” con altri fornitori di turbogas presenti nello stesso site.
Sulle piattaforme petrolifere, dove lo Smart Helmet darebbe un enorme contributo, il problema è invece la connettività. La comunicazione in questi casi è limitata perché il Cliente non può fornire al tecnico un collegamento con una banda sufficiente a trasmettere audio e video e non sempre è possibile utilizzare modem satellitari portatili o, a causa delle strutture, non si ha la “visibilità” del satellite.
Lo Smart Helmet non ha solo applicazioni in modo remoto: ci sono utilizzi interessanti anche utilizzando il casco localmente, ad esempio con la sala controllo. In questi casi non è necessaria una connettività Internet, ma solo un collegamento WiFi alla rete locale.
Una prima applicazione è quella di utilizzare lo Smart Helmet durante le operazioni di verifica dei collegamenti e di taratura della strumentazione in campo (commissioning), connettendolo al HMI del turbogas. In tal modo è possibile verificare autonomamente sui visori del casco quello che viene presentato dal quadro di controllo. Attività che viene generalmente svolta da due tecnici, uno in sala controllo e uno in campo, tramite delle radiotrasmittenti.
Un ulteriore passo avanti si potrebbe avere con l’introduzione negli Smart Helmet della realtà aumentata. Passando davanti ad uno strumento, la telecamera lo riconosce tramite un codice QR, si collega automaticamente al sistema di controllo facendo vedere tutta una serie di informazioni ad esso correlate (valore letto a quadro, settaggi, P&ID, etc.) o un video con la procedura di taratura o di smontaggio.
Un’altra applicazione è quella sulle piattaforme petrolifere: uno Smart Helmet indossato dai tecnici permetterebbe agli addetti alla sicurezza del personale di monitorare le attività e, in caso di necessità, segnalare direttamente all’interessato quelle svolte non correttamente.
È possibile aggiungere alla versione base dello Smart Helmet altri dispositivi, facilmente integrabili nell’elettronica di base.
Una termocamera montata sullo Smart Helmet potrebbe individuare dispositivi e tubazioni surriscaldate da evitare di toccare con le mani (anche se protette dai guanti regolamentari).
Un sensore di pressione atmosferica potrebbe essere utilizzato per verificare se l’operatore sta salendo su una scala e può avvisarlo di utilizzare l’imbracatura e il moschettone di sicurezza.
Un sensore accelerometrico su tre assi potrebbe rilevare una caduta accidentale e dare così l’allarme di ”uomo a terra”.
Un braccialetto con sensori potrebbe monitorare battito cardiaco e pressione arteriosa, verificando che il tecnico non sia sotto sforzo eccessivo. Un doppio braccialetto potrebbe monitorare l’elettrocardiogramma per eventuali aritmie o fibrillazioni.
Un sensore di campo elettrico potrebbe allertare l’operatore se troppo vicino a dispositivi ad alta tensione.
Tutto questo è molto interessante ma per la sua messa in pratica ci si scontra non tanto con problemi tecnologici, bensì con problemi di carattere sindacale e di Privacy. Tutti i monitoraggi di cui sopra, se fatti in modo legale e rispettoso dell’individuo, sono utilissimi.
È il possibile però un utilizzo “anomalo”, che fa sorgere perplessità sulla loro applicazione: i dati fisiologici monitorizzati sono come noto strettamente personali e non dovrebbero essere registrati ma solo letti e utilizzati per gli scopi di salvaguardia della salute dell’individuo. Un primo passo potrebbe essere di elaborare tutte queste informazioni all’interno dello Smart Helmet e, in caso di anomalie riscontrate, avvisare solo l’operatore del problema riscontrato, dando le istruzioni per contenerlo, lasciando però a lui la decisione di chiamare i soccorsi e trasmettere le info collezionate localmente. Solo se venisse riscontrato un infortunio grave con perdita di conoscenza, il sistema potrebbe attivarsi in automatico.
Infine, lo Smart Helmet potrebbe essere integrato con un sistema di ispezione robotizzato o basato su droni. Sono in fase di commercializzazione robot “serpenti” che si possono insinuare nelle tubazioni e verificarne lo stato, robot “arrampicatori” che possono salire su torri o condotti irraggiungibili dall’uomo. I droni sono largamente diffusi in ambienti civili e militari, ma anche in campo industriale stanno prendendo campo. In genere chi manovra tali dispositivi non ha competenze sul macchinario in esame. Le immagini riprese dalle telecamere possono essere ritrasmesse sui visori dello Smart Helmet in modo che il tecnico possa valutarle, ad esempio constatando le condizioni dei materiali delle parti ispezionate.