Teoria del campionamento segnali analogici
Campionamento segnali analogici
Passiamo oggi all’esame della catena di processi che vengono effettuati sul segnale analogico in ingresso e in uscita di un sistema di controllo.
Per far questo dobbiamo prima verificare la tipologia di segnali da trattare: per far questo li si analizza utilizzando l’analisi spettrale. Si ricorda che con la trasformata di Fourier, ogni segnale (periodico o no) può essere scomposto in una serie (infinita) di segnali sinusoidali. Nella nostra trattazione si considereranno segnali in tensione, che sono quelli comunemente utilizzati in campo elettronico.
Spettro di frequenze del segnale in ingresso.
Un segnale analogico in ingresso al quadro di controllo può essere quindi rappresentato dal suo spettro di frequenze. Questa rappresentazione vedremo che è molto utile per tutta la progettazione della catena di acquisizione ma soprattutto per dimensionare la frequenza di campionamento del segnale in ingresso al sistema di controllo.
Campionamento del segnale
Il campionamento è una tecnica che consiste nel convertire un segnale continuo nel tempo in un segnale discreto, valutandone l’ampiezza a intervalli di tempo regolari. In tal modo, a seguito di una successiva operazione di quantizzazione e conversione, è possibile ottenere un insieme di valori numerici (discretizzati nel tempo e nell’ampiezza) che approssimano la funzione continua originaria.
Periodo di campionamento
Il tempo che intercorre tra una di queste misure e l’altra si chiama periodo di campionamento. Il periodo di campionamento Ts, come sappiamo, è il reciproco della frequenza di campionamento (fs = 1/Ts)
La frequenza di campionamento, per il teorema del campionamento di Shannon, deve essere uguale o superiore al doppio della massima frequenza (B) significativa dello spettro in frequenza del segnale da campionare.
el caso banale di un segnale sinusoidale, lo spettro in frequenza è una linea. Il campionamento dovrà quindi essere effettuato con una frequenza di campionamento fs almeno doppia della frequenza di tale segnale.
I segnali che nella realtà andiamo ad acquisire non hanno generalmente banda limitata, a meno di particolari condizioni: non sarà quindi rappresentabile con una linea ma con uno “spettro” continuo talvolta illimitato.
Nella rappresentazione nel campo della frequenza di un segnale campionato alla frequenza di Shannon, l’effetto più evidente è la ripetizione dello spettro ad intervalli multipli di due della frequenza di campionamento fs.
Pertanto, campionando alla frequenza di Shannon (fs = 2B) gli spettri saranno contigui ma distinti tra loro.
Più la frequenza di campionamento sarà elevata (fs > 2B), più la distanza tra gli spettri “ripetuti” si allargherà.
Se invece effettuiamo il campionamento ad una frequenza inferiore a quella minima di Shannon (fs < 2B), si ha un’alterazione del contenuto informativo del segnale originale dovuto alla sovrapposizione degli spettri (fenomeno di “aliasing”).
Filtro anti-aliasing
Siccome i segnali reali non hanno banda limitata (dovuta a componenti non significative del segnale o rumori ambientali), nei sistemi di acquisizione reali è necessario effettuare un prefiltraggio della grandezza da acquisire, riducendo la possibilità di aliasing dovuta alle “code” ad alta frequenza dello spettro.
I filtri anti-aliasing sono filtri passa-basso con una frequenza di taglio inferiore a metà della frequenza di campionamento.
Sample and hold
Quando si misura una grandezza, l’insieme di valori che essa può assumere in natura è un insieme continuo, composto da infiniti punti.
Il processo di discretizzazione in ampiezza o quantizzazione richiede di “fotografare” (campionare) ad intervalli di tempo regolari il segnale continuo in ingresso.
Poiché il processo di quantizzazione reale richiede un tempo finito, anche se molto breve, occorre congelare il campione per un tempo sufficiente al processo di conversione in un valore numerico.
Per far ciò, dopo il filtro anti aliasing, viene utilizzato un sistema di campionamento di tipo “campiona a mantieni” (sample and hold).
Può essere rappresentato dal circuito semplificato in figura: l’interruttore viene chiuso per una frazione di tempo durante la quale il segnale di ingresso carica il condensatore. La tensione, pari al valore del campione istantaneo, è così mantenuta dal condensatore per tutto il tempo necessario al processo di conversione analogico/digitale.
Convertitori analogici digitali
A valle del “sample and hold” avremo i convertitori analogici digitali (ADC).
I valori possibili per la grandezza in questione vengono innanzitutto limitati tra un massimo e un minimo, che definiscono la dinamica del quantizzatore.
Con la quantizzazione vengono anche introdotti degli errori, chiamati errori di quantizzazione, dovuti alla differenza tra il valore quantizzato e il suo valore “reale” nel campo continuo. L’insieme di questi errori porta al rumore di quantizzazione.
Il segnale digitale in uscita da un convertitore A/D è per definizione costituito da un numero finito di bit (N) che identificano 2N–1 intervalli di quantizzazione, ciascuno di ampiezza
Vin / (2N–1)
dove Vin è l’ampiezza massima del segnale ammessa.
Maggiore è il numero di bit con cui si converte il segnale, maggiore sarà l’accuratezza e minore sarà il rumore di quantizzazione.
Purtroppo, all’aumentare del numero di bit si ha un aumento della complessità del convertitore (e quindi anche il prezzo) e del tempo necessario ad effettuare il processo di conversione. Occorre quindi scegliere un valore opportuno che medi tra le due esigenze.
Abbiamo visto come un segnale analogico viene filtrato, campionato e convertito in digitale per essere elaborato dal software del sistema di controllo. Una volta elaborato un segnale di comando per un attuatore elettropneumatico o elettroidraulico, questo deve essere convertito in forma analogica (sotto forma di corrente o tensione).
La conversione digitale/analogica rappresenta l’operazione inversa di quella analogico/digitale.
Come per la conversione analogica/digitale, anche per questa tanto più elevato è il numero di bit, tanto migliore risulta la risoluzione del segnale analogico. Anche in questo caso ciò incide notevolmente sul costo del dispositivo ma è di fondamentale importanza quando si desidera ottenere un segnale analogico affetto da modesta incertezza e con elevata definizione.
Esistono diverse tipologie di convertitori con configurazioni più o meno complesse, a seconda del campo di applicazione, della frequenza di conversione dei dati, della precisione e stabilità richiesta.
Per capirne il principio di funzionamento, si utilizza il semplice convertitore D/A schematizzato in figura: è composto da:
- Una sorgente interna di tensione continua di riferimento Vr, precisa e stabilizzata.
- Un certo numero di interruttori analogici.
- Una rete di resistori di precisione di valori diversi per pesare i singoli bit.
- Un amplificatore operazionale sommatore.
Gli interruttori analogici devono essere comandati ai bit della parola da convertire (B0, B1, B2, B3).
Il principio di funzionamento è quello di far contribuire ad ogni bit della grandezza digitale da convertire una corrente proporzionale al suo “peso”.
Si realizza per questo una configurazione classica di amplificatore operazionale in configurazione di sommatore, con rete di resistenze contigue che stanno tra di loro in un rapporto di 2.
La resistenza associata al bit più significativo contribuirà, quando selezionata, con una corrente i.
Le correnti relative ai bit via via meno significativi saranno ½, 1/4, 1/8, 1/16… della corrente relativa al bit più significativo.
Se il bit è allo stato logico “1”, il ramo con la relativa resistenza sarà connesso dal commutatore analogico ad una tensione di riferimento stabilizzata Vr.
Se invece il bit è uno “0”, il ramo con la relativa resistenza sarà al riferimento di 0 volt.
Nel nodo “o” si sommano tutte le correnti provenienti dai singoli rami resistivi, determinando così in uscita all’operazionale la tensione associata al dato digitale in ingresso.
Rispetto alla conversione analogica/digitale, i tempi di conversione sono quasi istantanei.
Solo in casi particolari si ha la presenza di un transiente aperiodico (“glich”) sulla tensione in uscita: questo non è altro che un picco transitorio (positivo o negativo) di tensione indesiderato.
Ciò si si può verificare se la velocità di commutazione non è uguale per tutti i bit. Passando da una combinazione di bit in ingresso ad un’altra, finché tutti i bit non hanno finito di commutare, per un istante in ingresso al convertitore si può avere una combinazione di correnti errata.
In particolare, la soluzione più comunemente utilizzata consiste semplicemente nel mantenere costante l’ultimo campione in tutto l’intervallo di campionamento. Il dispositivo che realizza questa operazione si chiama mantenitore di ordine zero o ZOH (Zero Order Hold).
L’uscita viene filtrata con un filtro di ricostruzione (filtro “passa basso”) per eliminare gli spettri di frequenza ripetuti, dovuti alla discretizzazione temporale.
Qualora si debba utilizzare il convertitore connesso direttamente a carichi che presentino una bassa impedenza, è necessario prevedere uno stadio amplificatore di potenza (buffer).
Nei sistemi di controllo turbogas, quali il Suvimac, il convertitore fornisce il valore di riferimento ad una scheda di posizionamento analogica, quindi non necessita di tale buffer. La scheda di posizionamento acquisisce direttamente il segnale di posizione (feedback), lo confronta con il riferimento fornito dal convertitore D/A e l’errore viene mandato ad un circuito di controllo di tipo proporzionale.
È quest’ultimo circuito ad essere provvisto di un amplificatore che effettua anche la conversione tensione/corrente (le servovalvole MOOG hanno infatti le bobine, pilotate in corrente, di impedenza 1Kohm).